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arnaldo.cherubini@libero.it
 

archeoviewer

Sistema per la realizzazione di archivi informatizzati e di supporto tecnico per la gestione del territorio, totalmente digitale ed integrato con tutti gli aspetti scientifici, tecnici ed amministrativi.
 Archeoviewer è un sistema per la condivisione dei dati scientifici sia su supporti locali (PC, server, LAN) sia sul web   et alter ...       et alter 2 ...
  
 
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  archeoVIEWER ISTRUZIONI PER L'USO

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i link sopra aprono file pdf che sono un'applicazione di archeoviewer "classica", con i campi colorati che richiamano altre viste del documento o visualizzano immagini fotografiche del progetto realizzato.
attivando lo strumento "mano" di Acrobat ci si può spostare sulla pagina e lanciare i lnk attivi, tenendo premuto il tasto Ctrl ed usando la rotella si può fare zoom avanti ed indietro. il sistema dovrebbe essere configurato in modo da aprire il pdf direttamente dal browser
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Un po' di storia del progetto archeoVIEWER

Siamo partiti dalla realizzazione di una Carta Archeologica Informatizzata.
I concetti esposti su questa pagina propongono, tuttavia, un metodo di lavoro che travalica dal “semplice” ambito della realizzazione di una carta archeologica e che può essere applicato a diversi contesti quali, ad esempio, l’informatizzazione della cartografia vincolistica (non necessariamente archeologica) e/o di un centro storico, la documentazione di un intervento di restauro, macro e micro ambiti caratterizzati da un contesto territoriale, da testi scientifici ed amministrativi, da documentazione grafica e fotografica. Sarebbe troppo lungo procedere ad una disamina delle potenzialità offerte dalle procedure che stiamo per discutere, quindi si rimandano ad altra sede i dettagli.

Definizioni.
Di seguito verranno utilizzati alcuni termini di cui vorremmo chiarire il significato attribuito nell’ambito del presente lavoro, anche se meglio specificati in alcune parti del testo.
Documentazione grafica: qualsiasi elaborato destinato a definire la morfologia e le caratteristiche strutturali di un’evidenza archeologica (o storico-artistica).
Testo: qualsiasi elaborato prodotto con riferimento ad una struttura archeologica (idem) per le sue esigenze di documentazione, catalogazione, tutela, amministrazione e gestione rispetto al suo contesto.
Formato digitale originale: file prodotti da singoli programmi proprietari del copyright che, normalmente, possono essere aperti per l’editing solo da tali programmi. Talvolta i file possono essere visualizzati e/o stampati da programmi “paralleli” (viewer) che non svolgono funzioni di modifica.
Collegamento ipertestuale (link): “testo o elemento di grafica a colori e sottolineato su cui è possibile fare clic per passare a un file, a una posizione all'interno di un file, a una pagina HTML sul Web o a una pagina HTML su una Intranet. I collegamenti ipertestuali possono inoltre essere associati a newsgroup e a siti Gopher, Telnet e FTP” (dalla guida di Windows). In pratica consiste nella possibilità di aprire, a partire da un dato file, un altro qualsiasi file mediante il programma che gestisce quest’ultimo.

I presupposti da cui si è partiti sono i seguenti.
L’esperienza maturata finora (nella realizzazione di carte archeologiche e cartografia tematica, di seguito Carta) ha delineato nettamente i limiti di simili operazioni che, essenzialmente, sono prodotte mediante l’uso di programmi applicativi CAD o GIS e, pertanto, di uso esclusivo del personale “tecnico”, sia esterno che compreso nella struttura della soprintendenza che ha commissionato il lavoro. Gli elaborati finali, anche se consegnati in allegato nel formato digitale originale, sono consultabili e modificabili solo da coloro che hanno una discreta pratica di tali applicativi e, soprattutto, possono lavorare su macchine fornite delle licenze dei relativi programmi. Tutti gli altri potenziali utilizzatori (funzionari, personale amministrativo e utenti a vario titolo) devono accontentarsi degli elaborati grafici in forma cartacea o sotto forma di immagini in formato .JPG, .TIF, ecc. oppure, al massimo, dei programmi “paralleli” di cui sopra. Tale assunto non inficia l’efficacia della redazione di una Carta su base informatizzata (nel senso che il prodotto esiste ed è fruibile dalla committenza, anche se in modo limitato) ma, di fatto, rimane privo di due requisiti a mio avviso fondamentali:
* la possibilità di interagire con altre informazioni digitali correlate, anche in forma non grafica (testi, fotografie) e, soprattutto,
* la possibilità di conservazione ed aggiornamento nel prosieguo dell’attività scientifica nella stessa area, da parte degli stessi utilizzatori, senza dover ricorrere ai professionisti che l’hanno realizzata.
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Chiariamo alcuni concetti.
Per quanto riguarda la “possibilità di interagire con altre informazioni” si intende la possibilità che la Carta, oltre ai consueti dati planimetrici sulle evidenze presenti nell’area, contenga anche ulteriori dati, sia di carattere esclusivamente grafico (altri elaborati riguardanti gli alzati, dettagli a scala maggiore, ecc.), sia fotografico (foto di archivio o recenti, immagini satellitari, ecc.), sia di carattere amministrativo e di tutela (decreti di vincolo, atti demaniali sulle competenze, perizie per interventi, relazioni di scavo, ecc.), sia, infine, di carattere scientifico (articoli e pubblicazioni, pagine web, ecc.). Si badi bene: “contenga anche ulteriori dati” non significa necessariamente che questi ultimi siano effettivamente presenti nei file che effettivamente compongono la Carta, ma solo che gli stessi possano essere riferiti al contesto della stessa.

Detto in parole povere, si tratta della possibilità di associare (secondo criteri molteplici e definibili in fase di progettazione) e rendere interattivi tra loro tutti i tipi di documentazione che, pur gestiti da programmi diversi e provenienti da fonti eterogenee (memorie su disco, server di rete, web), siano normalmente visualizzabili e consultabili sul monitor di un computer o, mediante semplici operazioni di archiviazione digitale, attualmente disponibili solo in forma cartacea.
In poche parole, si tratta della possibilità di avere tutta una serie di collegamenti ipertestuali tra i dati grafici presenti sulla Carta ed “altri” dati.

Per quanto riguarda “la possibilità di conservazione ed aggiornamento” della Carta si intende quello che forse è il nodo cruciale del presente lavoro: dare la possibilità, a coloro che il progetto individuerà come gestori delle informazioni raccolte in forma digitale, di integrare le stesse in futuro (una volta realizzata la Carta) con l’ulteriore materiale che, inevitabilmente, si produce lavorando in un dato ambito territoriale.

Quanto detto finora potrà sembrare ai più estremamente banale: tali funzionalità, infatti, sono una delle prerogative della tipologia di applicativi noti come GIS (Geographical Information System) ed operanti da anni. Vediamole nel dettaglio, a partire dalle definizioni.
Secondo la definizione di Burrough (1986) "il GIS è composto da una serie di strumenti software per acquisire, memorizzare, estrarre, trasformare e visualizzare dati spaziali dal mondo reale". Si tratta di un sistema informatico in grado di produrre, gestire e analizzare dati spaziali associando a ciascun elemento geografico una o più descrizioni alfanumeriche. Il GIS è differente dal DBMS (o Database Management System), in quanto si occupa essenzialmente dell'elaborazione e manipolazione dei dati georeferenziati, che a loro volta possono essere memorizzati in un DBMS o in singoli file. SIT è l'acronimo italiano di Sistema Informativo Territoriale, e coincide con la traduzione inglese Geographical Information System. Mogorovich (1988) ha definito il sistema informativo territoriale "Il complesso di uomini, strumenti e procedure (spesso informali) che permettono l'acquisizione e la distribuzione dei dati nell'ambito dell'organizzazione e che li rendono disponibili nel momento in cui sono richiesti a chi ne ha la necessità per svolgere una qualsivoglia attività".
Modello dei dati
Per la rappresentazione dei dati in un sistema informatico occorre formalizzare un modello rappresentativo flessibile che si adatti ai fenomeni reali. Nel GIS abbiamo tre tipologie di informazioni:
Geometriche: relative alla rappresentazione cartografica degli oggetti rappresentati; quali la forma (punto, linea, poligono), la dimensione e la posizione geografica;
Topologiche: riferite alle relazioni reciproche tra gli oggetti (connessione, adiacenza, inclusione ecc…);
Informative: riguardanti i dati (numerici, testuali ecc…) associati ad ogni oggetto.
Il GIS prevede la gestione di queste informazioni in un database relazionale. L'aspetto che caratterizza il GIS è quello geometrico: esso memorizza la posizione del dato impiegando un sistema di proiezione reale che definisce la posizione geografica dell'oggetto. Il GIS gestisce contemporaneamente i dati provenienti da diversi sistemi di proiezione e riferimento (es. UTM o Gauss Boaga) A differenza della cartografia su carta, la scala in un GIS è un parametro di qualità del dato e non di visualizzazione. Il valore della scala esprime le cifre significative che devono essere considerate valide delle coordinate di georiferimento.
(da wikipedia, voce Sistema Informativo Geografico, versione italiana, consultabile all’indirizzo: http://it.wikipedia.org/wiki/Sistema_informativo_geografico )

Riprendendo le piccole note polemiche di poco sopra, se c’è già il GIS che fa tutte queste cose, dove sta il problema? Ebbene, il problema è proprio che queste cose le fa solo il GIS, ovvero un tipo di programma specifico, spesso complicato ad usarsi, quasi sempre molto costoso (anche se esistono diverse versioni freeware ed open source, vedi http://www.gfoss.it/drupal/ ), escludendo, di fatto, una grossa fetta di potenziali utenti.
L’esigenza che sta alla base del progetto descritto su queste pagine, invece, è proprio quella ai allargare il più possibile la base degli utenti, semplificando al massimo gli strumenti di accesso e la leggibilità delle informazioni associate ai dati cartografici.
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Strategia del progetto.
Seguendo la logica esposta finora, un aspetto fondamentale è costituito dalla scelta dell’ambiente in cui operare.
Ferma restando la necessità di elaborare ed assemblare le informazioni di carattere grafico (cartografico e di documentazione grafica) in ambienti di tipo CAD o GIS in un ambito operativo piuttosto ristretto, la fruibilità del prodotto finale sarà resa possibile impostando una serie di specifiche volte alla massima flessibilità d’uso per gli utenti finali, impiegando mezzi semplici ed alla portata di tutti. Dando per scontato che, ormai, una gran parte dei programmi rende possibile l’inserimento di collegamenti ipertestuali (ovvero, offre la possibilità di collegare ad un file un qualsiasi altro documento, anche di tipo diverso, e di lanciare l’applicativo che lo gestisce) rimane da scegliere il tipo di ambiente più idoneo.
Da una parte abbiamo la sofisticata famiglia di prodotti GIS e gli applicativi in ambiente CAD specifici per la cartografia (di cui alcuni, specialmente i primi, disponibili con licenza freeware), particolarmente efficienti per le applicazioni del cui ambito stiamo discutendo, ma irrimediabilmente legati al programma proprietario del formato. Tali prodotti, pur essendo praticamente nati per tali usi, richiedono una preparazione specifica per il loro uso e, di fatto, scoraggerebbero molti potenziali utenti oltre a richiedere (quelli “commerciali”) costose licenze d’uso.
Dall’altra abbiamo la possibilità di produrre (a partire dai suddetti applicativi in formato vettoriale in ambiente CAD) elaborati digitali che possono essere aperti e gestiti da programmi comunemente diffusi, eventualmente scaricabili gratuitamente da Internet. Tali applicativi, oltre alla semplicità d’uso ed al costo irrisorio (perché spesso compresi nei pacchetti forniti con i sistemi operativi) hanno anche il pregio di gestire file di dimensioni estremamente ridotte, con un notevole risparmio di risorse hardware. Ovviamente, visto che parliamo della necessità di far vedere su monitor dei dati cartografici (vettoriali o raster), dobbiamo partire dalla possibilità di trasformare questi in immagini.

Per dare alcuni riferimenti, i due formati più diffusi per la visualizzazione delle immagini (nel nostro caso, cartografiche) sono quelli .PDF (gestito dalla famiglia di prodotti Adobe) e quelli .JPG che, per quanto attiene alla gestione dei riferimenti ipertestuali, possono essere aperti dalla nutrita schiera dei browser di Internet. I primi, inoltre, hanno la possibilità di consentire la stampa parziale degli elaborati (ovvero, consentono la scelta di “finestre” di stampa minori della “pagina” nel cui formato sono stati elaborati) e, per entrambi, esiste la possibilità di estrarne delle porzioni con le funzioni di “copia e incolla” dei normali editor (anche questi gratuiti sulla rete) per stamparli per parti con una accettabile perdita di risoluzione.
I primi (.PDF) consentono, in compenso, una visualizzazione a video estremamente dettagliata a fronte di una estrema compressione della dimensione dei file in confronto a quelli originali e, soprattutto, alle immagini in .JPG.
In entrambi i casi la procedura per la produzione degli elaborati finali dovrebbe prevedere:
* un elaborato intermedio “grezzo” dal programma GIS o CAD usato per l’elaborazione della cartografia (praticamente il master di tutto il lavoro), reso come stampa virtuale in formato .PDF o . JPG;
* un’elaborazione da parte di un programma proprietario del file in formato .PDF o .JPG (nel primo caso Adobe Acrobat, nel secondo uno tra i tanti gestori di pagine html) per l’inserimento dei collegamenti ipertestuali.
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Il progetto di informatizzazione di un’area archeologica.
Il primo problema di un’area in cui, nel tempo, sono stati spesso condotti diversi interventi di scavo, studio, restauro, tutela e documentazione, sta spesso nella frammentarietà dei dati e, particolarmente, nella loro quasi esclusiva esistenza in forma cartacea.
Rimanendo per ora nel solo ambito della documentazione grafica dei siti archeologici “storici”, ci troviamo spesso in presenza di tutta una serie di disegni, redatti in epoche e con modalità diverse, relativi a porzioni (più o meno estese) del territorio, talvolta sprovvisti di riferimenti cartografici certi, quasi sempre privi di collegamenti reciproci. Anche volendo ignorare le difficoltà di natura logistica che i funzionari incontrano nel gestire una tale massa eterogenea di documenti, uno dei noccioli del problema sta nella effettiva potenzialità di tutelare il patrimonio e nella possibilità di interagire con le varie entità amministrative che ad esso afferiscono.
Si tratta, in sostanza, della possibilità di gestire in modo snello e funzionale una notevole quantità di informazioni, rendendole omogenee e riferite (o meglio, georiferite) al contesto territoriale cui fanno riferimento.
Il progetto della Carta Archeologica Informatizzata può essere schematizzato nei seguenti obiettivi.

1. Acquisizione di una base cartografica digitale (possibilmente georeferenziata), presso le amministrazioni locali, anche al fine di possedere una base comune “di dialogo” con le stesse per quanto attiene agli atti amministrativi di tutela del territorio.

2. Ricognizione presso l’archivio della Soprintendenza (e di tutte le istituzioni che hanno condotto interventi di scavo o di studio nell’area) per reperire tutti gli elaborati che sono stati prodotti nel corso del tempo e procedere ad una selezione secondo criteri di priorità ed affidabilità.

3. Realizzazione di una base topografica georeferenziata per la collocazione esatta delle evidenze archeologiche e, soprattutto, per collegare in modo funzionale sia i vari frammenti di documentazione esistente sia quella prodotta in epoca recente con criteri moderni, al fine di stabilire un protocollo univoco per la documentazione futura ed il suo inserimento nel contesto.

4. Digitalizzazione degli elaborati di archivio ed inserimento negli stessi nella base cartografica generale, prevedendo la possibilità di collegamenti ipertestuali e, soprattutto, di aggiornamento dinamico della Carta secondo criteri univoci di riferimento, .

5. Produzione degli elaborati per la consultazione della Carta a diversi livelli e secondo aree tematiche stabilite, con la possibilità di gestire le aggregazioni dei dati in modi diversi.

Una volta costruita questa struttura (in ambiente CAD o GIS) sarà possibile pensare all’inserimento di qualsiasi altro tipo di dato correlato alla singola evidenza archeologica, da gestire come riferimento ipertestuale.
Si potrà quindi associare al singolo monumento (e consultare in modo dinamico) foto, schede o testi, documentazione grafica di dettaglio (anche raster di disegni cartacei di archivio), bibliografia, documenti amministrativi e quant’altro si dovrà produrre sullo stesso in futuro, collegando tali dati provenienti da qualsiasi fonte: supporti magnetici ed ottici locali, server della Soprintendenza o del Ministero, rete Internet.

Nell’elenco che abbiamo appena esposto i punti da 1 a 4 devono essere necessariamente eseguiti in ambiente CAD e, quindi, per quanto detto sopra rimangono di fatto una prerogativa di un’elite “tecnica” (interna o esterna alla soprintendenza che ha commissionato il lavoro) in possesso sia delle conoscenze per usare tali programmi sia delle relative licenze d’uso. Fin qui niente di nuovo, nel senso che tale procedura è quella normalmente usata per la produzione degli elaborati “classici”, ovvero stampe su carta, file vettoriali consegnati per l’archiviazione e, tuttalpiù, immagini in vario formato raster per poter essere consultate senza usare i programmi proprietari .
Questo tipo di materiale, ferma restando la validità e la qualità del lavoro svolto, ha un solo difetto: non consente la possibilità di essere collegato ad altri dati di qualsiasi tipo (che, pure, esistono o possono essere prodotti in futuro), compresi quelli grafici; in una parola, si tratta di materiale statico. Tanto per rimanere nell’ambito della documentazione grafica, probabilmente le strutture inserite nella planimetria georeferenziata in formato vettoriale (quindi con il solo perimetro delle murature sezionate e dei principali elementi proiettati resi con una grafica compatibile con una scala di 1:500-1:200) avranno sicuramente dei dettagli con una caratterizzazione a scala maggiore (ad esempio 1:50) e, probabilmente, delle sezioni e dei prospetti. Sia che tali elaborati siano stati prodotti in formato vettoriale, sia in versione “tradizionale” (disegni su lucido o poliestere, eventualmente digitalizzati mediante scanner), la loro consultazione deve necessariamente avvenire separatamente da quella della Carta, senza possibilità di collegamenti dinamici.
Al pari dei dati grafici, se per i siti compresi nella nostra Carta esistono altri tipi di documentazione (a puro titolo di esempio: foto, relazioni di scavo, schede US, disegni di materiali, decreti di vincolo, materiale di archivio, ecc.), magari già in formato digitale, finora non è stato possibile renderlo evidente (e disponibile) nel contesto che abbiamo sopra descritto.
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Il progetto ArcheoViewer.
Dopo questa (purtroppo) lunga premessa, arriviamo al nocciolo della questione. Quella che si sta per proporre è fondamentalmente un’idea, tanto semplice quanto rivoluzionaria, tuttora in corso di sviluppo, per semplificare la realizzazione di cartografia (e non solo) di tipo GIS e, soprattutto, per allargare al massimo la base di coloro in grado di consultare tali elaborati. Non si tratta di un nuovo programma ma, piuttosto, di una procedura (tendenzialmente, di un protocollo per la codifica di una serie di azioni) per la produzione, l’editing e la gestione di immagini e dati.
Parallelamente, questo progetto costituisce un sistema per la realizzazione di archivi informatizzati e di supporto tecnico per la gestione del territorio, totalmente digitale ed integrato con tutti gli aspetti scientifici, tecnici ed amministrativi. Per rendere l’idea in poche parole, un sistema con (quasi) le stesse funzionalità di un GIS, molto più semplice, versatile, economico (sia dal punto di vista venale che delle risorse hardware) ed aperto all’utenza finale, che chiunque sappia avviare un computer può essere in grado di usare.

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